venerdì 4 ottobre 2013

Rush - la recensione

a cura di The talking mule


" Potevi guidare a due centimetri dalle ruote della sua auto ed essere certo 
che non avrebbe mai fatto una cazzata. Era un grande pilota"
(N.Lauda a proposito di J. Hunt: il complimento perfetto)

Nonostante l'apparenza non si può dire che Rush, ultima fatica di Ron Howard, sia un film sulla Formula 1: potrebbero essere pugili, o quarterback, o persino giocatori di poker o di biliardo e il film non cambierebbe di una virgola. Però per raccontare la storia di due modi opposti di concepire la vita, la passione per quello che si fa in un mondo estremo, in cui occorre restare sempre concentrati nonostante il successo, il "circus" della F1 con il suo alto tasso di rischio, glamour e enormi interessi economici è l'ambientazione ideale.


Altrettanto ideali sono i protagonisti: James Hunt (detto The Shunt, lo Schianto, per l'irruenza in gara) e Niki Lauda (detto invece Il Computer, per l'estrema sensibilità nel capire come mettere a punto la macchina). Il film racconta la storia della rivalità fra questi due personaggi che paiono agli antipodi, ma che rappresentano invece l'uno i limiti dell'altro. La sceneggiatura ce li mostra fin dalle serie minori (dove Hunt correva con la scuderia di Lord Hesketh, un personaggio che da solo meriterebbe un film), dove i due  battagliavano senza esclusione di colpi, per poi ritrovarli in Formula 1 rivali diretti nella lotta per il titolo nel campionato 1976.
Lauda subì in quell'anno un gravissimo incidente - ricostruito con cura maniacale - nel quale rischiò di morire bruciato vivo, ma dal quale si riprese in poco più di due mesi, arrivando in vantaggio di un solo punto al Gran Premio del Giappone, ultima gara dell'anno che si svolse sotto una pioggia torrenziale.
La ricostruzione storica delle vicende legate ai due piloti si prende qua e là delle licenze, sempre funzionali però allo sviluppo del discorso che interessa ad Howard, o a rendere più fluente la trama.


Chris Hemsworth ha una notevole somiglianza naturale con James Hunt e ne rende benissimo lo stile personale: uno che brucia al propria candela da due lati, sempre sopra le righe ma con un'ironia tutta inglese che lo rende immediatamente simpatico. Daniel Brühl è superlativo, ci regala un Lauda quasi fotocopia dell'originale (al contrario di quasi tutti gli altri interpreti Brühl  ha potuto beneficiare dell'incontro con Lauda, sia nelle movenze che - pare - nella parlata inglese, che ha impressionato lo stesso Niki). Alexandra Maria Lara (vista in La Caduta con Bruno Ganz e più di recente in The Reader) interpreta Marlene Knaus, la moglie di Lauda, attraverso silenzi significativi e intensi sguardi. Una inedita Olivia Wilde bionda è la moglie di Hunt la modella Suzy Miller. Probabilmente più bella ancora del personaggio che interpreta, è elegantissima nei costumi vintage, accuratamente riscostruiti. Pierfrancesco Favino fa un ottimo lavoro interpretando la parte di Clay Regazzoni, personaggio che avrebbe meritato più spazio se solo si fosse trattato di un film sulla Formula 1 e non focalizzato sul rapporto fra Hunt e Lauda.


La fotografia di Anthony Dod Mantle (collaboratore di lungo corso di Danny Boyle e di molti registi di Dogma 95) dipinge gli anni 70 in modo un tantino "instagrammatico", con immagini molto patinate, in un modo cioè che rappresenta più come a noi piace ricordarci gli anni 70 che non come erano davvero le immagini negli anni 70. Il risultato comunque è molto di effetto. Bellissimi anche i costumi di Julian Day, estremamente curati e indicativi del carattere dei personaggi.
Le riprese in gara a filo dell'asfalto sono molto suggestive, con i fili d'erba che della loro fragilità fanno una forza che resiste anche al passaggio dei bolidi di F1, come piccole oasi al riparo dall'ineluttabilità del destino.


La Formula 1, dicevo, è un pretesto ma anche una metafora molto potente per descrivere chi cerca il limite dove nessun uomo è mai stato prima, ed è questo - dopotutto - che fanno Niki e James, come novelli Ulisse votati alla velocità, al pericolo e ad andare un sempre un passo più in là. Che l'approccio sia meticoloso e scientifico o irruento e divertito, la sostanza non cambia. E' una storia antica ed epica, una storia di uomini veri: tanto, tanto imperfetti e proprio perciò convincenti e trascinanti. Vi terrà incollati allo schermo per due ore piene, circa la durata di un Gran Premio!


2013 - Rush
Regia: Ron Howard
Sceneggiatura: Peter Morgan
Musiche: Hans Zimmer
Costumi: Julian Day
Scenografia: Mark Digby

1 commento:

  1. Visto la scorsa settimana! Il signore del delitto mi ha convinto di accompagnarlo per i costumi, ma mi sono lasciata prendere dalla storia! Il film comunque è molto americano.

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