a cura di The talking mule
Da mesi si parla del nuovo film di Sofia Coppola, The Bling Ring. La regista di Lost in translation e Somewhere (senza dimenticare ciò che di ottimo ha fatto anche prima) si occupa ancora una volta di adolescenti e ancora una volta centra il bersaglio. In pieno.
Il film si basa su un articolo comparso nel 2010 su Vanity Fair, The suspects wore Louboutin, dove si racconta la storia del gruppo di teenagers conosciuto come "Burglar Bunch" o "Bling Ring", una compagnia di ragazzi di Beverly Hills cresciuti nel mito glamour delle stars di Hollywood, nelle cui case si introducevano abusivamente per rubarne i vestiti e gli accessori che li rendevano tanto "cool" ai loro occhi.
Tutto nasce da una ragazzata fatta un po' per caso, ma presto il Burglar Bunch si fa prendere la mano e rubare dalle case incustodite delle star diventa un'abitudine, un modo per passare una serata eccitante. E' ovvio che la faccenda non possa durare a lungo e infatti, grazie alle riprese delle telecamere di videosorveglianza (decisive quelle di Lindsay Lohan, ironicamente il mito assoluto delle protagoniste), dopo qualche tempo la polizia riesce a trovare la giusta pista e ricostruire la vicenda. L'epilogo è inaspettato, pure considerando l'inconsuetudine dei fatti.
Gli interpreti sono tutti giovanissimi e, fatta eccezione per Emma Watson, quasi o del tutto sconosciuti: a questo proposito Sofia Coppola ha dichiarato di aver voluto sfruttare la freschezza di approccio di un'esordiente rispetto al modo più impostato di lavorare di un attore già esperto. I risultati sono comunque di ottimo livello: Katie Chang interpreta Rebecca, la leader del gruppo, ossessionata da personaggi come Paris Hilton e Lindsay Lohan. Il modo che trova per entrare a far parte del loro mondo è certamente efficace, anche se moralmente discutibile! Israel Broussard interpreta il giovane Marc, l'unico maschio della gang, completamente succube della personalità di Rebecca. Claire Julien (una particina nell'ultimo Batman di Nolan) è la annoiata e caustica Chloe, Emma Watson è Nicki, ragazzina alla disperata ricerca del suo posto nello star system, insieme alla sorella-non-sorella Sam (Taissa Farmiga, sorella nella realtà della più famosa Vera).
Molte delle celebrità derubate dal Bling Ring hanno messo a disposizione della regista le loro abitazioni come location per il set e, se quando vedrete il film ve lo chiederete, la risposta è sì: Paris Hilton lasciava davvero la chiave di casa sotto lo zerbino (non lo fa più adesso) e Orlando Bloom è davvero partito per girare un film a New York senza curarsi di controllare se le porte erano tutte chiuse bene.
Insomma, a quanto pare a Beverly Hills le star si sentono così sicure da lasciare le proprie case piene zeppe di tesori, facilmente accessibili al primo che abbia voglia di andare a vedere che cosa c'è dentro. L'esperienza peraltro può essere davvero sorprendente, come dimostra la casa di Paris Hilton, un vero monumento a sé stessa.
Dal punto di vista autoriale mi pare che la Coppola dia prova di aver raggiunto una grande maturità, sia per quanto riguarda la direzione degli attori, sia - soprattutto - per la tecnica di ripresa (il lentissimo zoom durante l'effrazione in casa di Orlando Bloom è magistrale e le inquadrature apparentemente fuori campo sono ormai un marchio di fabbrica).
La cosa meno sorprendente di tutta la storia sono i protagonisti: non è strano che i ragazzi cerchino di evadere da un mondo che non comprendono e che tutto sommato non li considera, come dimostra il rapporto che hanno con i genitori, ma anche il fatto che per mesi nessuno si renda conto di cosa sta succedendo.
Quei ragazzi sono così perchè li abbiamo voluti così: ammirano le celebrità e si sentono vivi solo se postano ciò che fanno su Facebook, del resto i genitori non sono meno fuori di testa dei figli, di cui si interessano solo per finta, senza avere la voglia o gli strumenti per passare del tempo con loro, per sapere cosa fanno, chi vedono, dove vanno quando escono. La Coppola ci mostra tutto questo senza emettere un solo giudizio, sarebbe superfluo. Se in Somewhere ci mostrava la redenzione di un attore dal nulla esistenziale in cui si era lasciato scivolare, in The Bling Ring ci mostra come gli spettatori non siano meglio degli interpreti, anzi. Nei personaggi non c'è redenzione, non c'è senso di colpa, non c'è consapevolezza, non c'è - maledettamente - nulla. La rappresentazione è impietosa, quasi documentaristica, di che cosa siamo e quale forma stiamo dando al mondo. Come direbbero i Matia Bazar: un colpo che fa pieno centro.
The real Bling Ring |
Regia, soggetto, sceneggiatura: Sofia Coppola
Scenografia: Anne Ross
Costumi: Stacey Battat
Musiche: Brian Lopatin, Brian Reitzell
La vicenda da cui prende vita il film è molto interessante e attuale, tuttavia il film non è mi è piaciuto. Ho letto un'intervista della Coppola in cui diceva che le premeva non dare un giudizio sui giovani protagonisti e sulle loro scorribande e così ha fatto: un film così imparziale e oggettivo da risultare privo di sentimenti, di sensazioni, di anima. Un mero racconto temporale per immagini di una vicenda che invece dovrebbe scuotere le coscienze, far discutere, indignare, provocare. Per me, un'occasione sprecata!
RispondiEliminaBacio,
Giada
temo che sia di gran lunga della peggiore prova di Sofia Coppola. Questa è la mia recensione
RispondiEliminahttp://gynepraio.com/2013/09/30/su-come-si-possa-non-vedere-bling-ring-e-vivere-ugualmente/
mi è piaciuta molto questa tua recensione perchè mi ha fatto vedere il film sotto un altro punto di vista.
RispondiEliminaAmmetto che avevo poche aspettative su questo film e una volta visto non mi ha lasciato nulla o quasi... lei è brava, tutto è curato nel dettaglio in modo originale, non si discute, ma sinceramente non sentivo l'esigenza di un film del genere....
@giada: in realtà io penso che la mancanza di giudizio morale sia voluta. La vicenda di per sè mi pare più emblematica che grave. In fondo le vittime non sembrano molto meglio dei ladri. Dire "ecco siamo diventati così, ve ne eravate accorti?" mi pare più importante che fustigare i dissoluti costumi hollywoodiani, cosa che si fa da cinquant'anni senza grandi risultati. Sconvolti, non coinvolti in uno slogan!
RispondiEliminaTTM
@gynepraio: il tema della riuscita o meno del film rispetto alle altre opere della Coppola lo trovo interessante, probabilmente si potrebbe discuterne per mesi.Io ci vedo una magnifica rappresentazione della decerebrazione data dall'accesso a informazione quasi infinita (che fornisce ad esempio internet) senza avere maturato degli strumenti interpretativi della reale. Sinceramente io non penso che metterlo in stile "law & order" avrebbe giovato al discorso che la Coppola vuole fare, mentre di certo avrebbe reso la trama più avvincente. Detto questo, concordo che non sia una pietra miliare. L'Olimpo ci scampi dai registi di soli capolavori!
RispondiElimina@lens sapere di aver proposto un punto di vista nuovo è il complimento che mi fa più piacere di tutti, grazie! Credo che l'efficacia o meno del film sia in parte correlata alla fase della vita in cui ci si trova, il che non è proprio un complimento per la regista (che magari è in una fase in cui, con licenza, sta diventa un po' "signora"). A me ha lasciato qualche spunto di meditazione, ma non sto di certo andando in giro a consigliarlo a tutti quelli che incontro, come invece ho fatto quando ho visto Lost in translation, per esempio.
RispondiEliminaTTM