venerdì 10 gennaio 2014

Blue Jasmine - la recensione

a cura di The talking mule



A 78 anni suonati, Woody Allen non ha alcuna intenzione di fermarsi, anzi rilancia con un film crudo e intenso, molto poco alleniano, grazie la quale dimostra di avere ancora una verve creativa ed una lucidità di sguardo che pochi possono vantare.
Blue Jasmine non solo non è una commedia, ma è quasi totalmente privo dell'ironia che da sempre caratterizza l'autore; in compenso il film, triste e spietato com'è, rimane in testa a lungo, più a lungo di qualsiasi altro titolo di Allen.


Jasmine altro non è che il nome con il quale si ribattezza Jeanette, donna di umili origini che trova, grazie al marito finanziere newyorchese, il proprio posto nell'opulenta alta società a stelle e strisce. Quando il matrimonio va a rotoli ed il marito finisce incarcerato, Jasmine perde di colpo ogni collegamento col mondo reale. In preda alle crisi di nervi, si trasferisce A San Francisco dalla pseudo-sorella (le due sono state adottate dalla stessa famiglia, ma non condividono alcune legame di sangue) Ginger, una modesta cassiera di supermercato. Fra puerili tentativi di ricostruirsi una vita e battibecchi con la sorella a proposito del suo gusto per gli uomini, Jasmine conoscerà il ricco e gentile Dwight, mentre Ginger sarà sedotta dal vulcanico Alan.
Per le due sorelle verrà presto il momento di giocarsi tutte le carte a disposizione per "svoltare", finalmente in una partita in cui è in gioco l'opportunità di vivere la vita che entrambe sognano.


Cate Blanchett prenota un Oscar per l'interpretazione della psicolabile Jasmine in una parte in cui è fortissimo il rischio di scadere nella macchietta o nel grottesco. La Blanchett si mantiene su un registro tragico ma sempre realistico con grande maestria. L'Oscar sarebbe meritato. Alec Baldwin ritorna a recitare con Allen dopo To Rome with love, qui interpreta con naturalezza il marito di Jasmine, un vero squalo della finanza, descritto esplicitamente come un truffatore, in realtà perfetto stereotipo del self made man senza scrupoli che solo per caso finisce nelle maglie della giustizia piuttosto che sulla copertina di Fortune.
Sally Hawkins nel ruolo di Ginger è - come sempre - bravissima, nella parte di una donna modesta ma pragmatica.
Nel cast tecnico è un piacere salutare il ritorno in un film di Allen di Santo Loquasto, la fotografia è uno dei punti forti del film ed è firmata dal maestro spagnolo Javier Aguirresarobe, con cui Allen aveva già collaborato per Vicky Christina Barcelona.


Non c'è ottimismo, non c'è pietà, non c'è speranza in questo Blue Jasmine, c'è invece una fortissima critica alla degenerazione del sogno americano ed alla mancanza di cultura: a causa della propria mancanza di risorse le due protagoniste Jasmine e Ginger non sono nulla senza un uomo al proprio fianco, sia pure nella differenza dei sogni  che nutrono. La differenza è che Jasmine di fronte a qualsiasi verità sgradevole si forza a non vedere, mentre Ginger è in grado di accettare la propria condizione. E' un mondo senza amore, quello dipinto da Allen, un mondo dove tutto è menzogna, al punto che Jasmine resterà prigioniera della propria coazione a dipingersi la realtà come lei la vorrebbe invece di affrontarla per come è. Un film che da un 78enne famoso per il pungente sense of humour proprio non ci aspetteremmo, anche se la qualità della pellicola in ogni suo comparto e la dimostrazione di vitalità dell'artista sono più che soddisfacenti.
Da non vedere se siete in cerca di "un film di Woody Allen" o di un rilassante svago natalizio, se invece non avete mai potuto sopportare il regista di Manhattan forse questo film vi farà ricredere. In ogni caso un film di cui on ne peut pas s‘en passer.


2013 - Blue Jasmine
Regia: Woody Allen
Fotografia: Javier Aguirresarobe
Scenografia: Santo Loquasto
Costumi: Suzy Benzinger

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